State sereni: pioveno
miliardi,
sordi a palate entro
primavera,
tutto veloce senza più ritardi,
anche si la finanza è ‘na
groviera.
Queli de prima ereno
infingardi,
lenti, inutili: semo in un’artr’era.
Ariveno rampanti li goliardi
anziosi come sò de fà cariera.
Si le promesse fusseno
bajocchi
e le parole fusseno zecchini,
nun saressimo sempre più
pitocchi,
ma potremmo ariempì li borzellini.
Senza arestà, speramo, come
allocchi
quanno nun ce sarorno li
quatrini.
3 commenti:
Sempre divertenti e sprizzanti, queste tue strofe. Un po' amare, ma sanno curare l'uomo intelligente! A rileggerti
WalterS
Già, un'altra era di promesse vuote, di menzogne, di impoverimento sociale e culturale
Ciao,
Elnor
A rileggerti presto anch'io, questo sonetto è proprio liscio e scorrevole e fresco.
Rita
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